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MEIJI, RESTAURAZIONE
Serie di mutamenti politici, sociali ed economici che portarono in Giappone alla caduta del regime feudale dei Tokugawa (feudalesimo giapponese) e all'instaurazione dello stato unitario di tipo moderno, attraverso la restituzione dei poteri di governo dallo shogun all'imperatore (da cui il termine di "restaurazione"). Aveva così inizio l'epoca Meiji (1868-1912), dal nome augurale dell'imperatore regnante, il cui significato programmatico è "governo illuminato". Fattori di ordine interno ed esterno concorsero nella genesi di quello che viene sempre più spesso, e più propriamente, chiamato il "rinnovamento Meiji". Sul piano interno, verso la metà del XIX secolo la crisi dello shogunato dei Tokugawa era dovuta alla incapacità di dar vita a uno stato accentrato e di far fronte, con strutture ancora di tipo feudale, alle trasformazioni socio-economiche derivanti dallo sviluppo del mercato interno. L'apertura del paese ai rapporti con i paesi occidentali nel 1854 (trattato di Kanagawa) rese ancor più instabile il delicato equilibrio socio-politico su cui reggeva il regime shogunale, costringendolo a ricercare il consenso dei principali daimyo e dell'imperatore, mentre contro i Trattati ineguali con i paesi occidentali (ritenuti lesivi della sovranità e degli interessi economici del paese per le clausole della extraterritorialità e della limitazione dell'autonomia doganale) si mobilitavano attivisti politici appartenenti agli strati medio-bassi della classe dei samurai che, insofferenti delle gerarchie feudali, ne chiedevano il superamento attraverso la restaurazione imperiale e l'abolizione del regime shogunale, accusato di cedimento nei confronti degli stranieri. La lotta politica si svolse con alterne vicende, avendo come epicentro Kyoto, la capitale imperiale, ma suscitando lotte violente anche presso i principali stati feudali. Dopo il tentativo di riaffermazione autoritaria del ministro Ii Naosuke, assassinato nel 1860, lo shogunato cercò di superare la crisi ricorrendo alla coalizione con la corte imperiale e i principali daimyo, del cui aiuto si serviva per espellere da Kyoto, nell'estate del 1863, gli attivisti antishogunali. Questi riuscivano però ad assumere il potere presso lo stato feudale di Choshu, dando vita, con la partecipazione di elementi provenienti anche dalle classi popolari, a corpi armati che resistevano con successo alle due spedizioni punitive inviate, nel 1864 e nel 1866, dal governo shogunale. La posizione di quest'ultimo era aggravata, negli anni 1866-1867, da difficoltà finanziarie e da un'ondata di rivolte contadine e urbane sul suo territorio, mentre i tentativi di riforma burocratica e militare intrapresi con l'aiuto francese erano ostacolati dalla stessa struttura feudale del regime; ad essi peraltro si contrapponeva il rafforzamento militare degli han di Choshu e Satsuma che, dopo aver sperimentato, nel 1863-1864, l'impossibilità di opporsi con le armi agli occidentali (bombardamento di Shimonoseki) avevano stretto rapporti con l'Inghilterra. La convergenza d'interessi spingeva Satsuma, nel 1868, ad allearsi con Choshu, abbandonando la coalizione con lo shogunato. Trovandosi politicamente isolato, lo shogun Tokugawa Yoshinobu accoglieva nell'ottobre del 1867 la proposta, avanzata dallo han di Tosa, di restituire formalmente il governo all'imperatore, mantenendone però la direzione. Per ovviare a ciò, Choshu e Satsuma ottenevano dal giovane imperatore, da poco asceso al trono, un decreto col quale proclamavano, il 9 dicembre 1867, la restaurazione imperiale e la decadenza del potere shogunale. Si insediava così al potere il nuovo governo Meiji le cui forze militari, guidate da una coalizione di quattro han (Satsuma, Choshu, Tosa e Hizen) davano inizio alla breve guerra civile (1868-1869) contro i sostenitori dello shogunato. Nel frattempo, però, lo shogun aveva già fatto atto di sottomissione all'imperatore e, nell'aprile del 1868, le porte della sua capitale, Edo, erano state aperte, in seguito a un accordo tra l'ala riformatrice del governo shogunale e i leader della coalizione imperiale. La città, divenuta così capitale imperiale, assumeva il nome attuale di Tokyo.

A. Valota
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